Premessa per premessa, ribadisco che le diagnosi a distanza portano raramente a soluzione, specie se non supportate da uno schema del circuito o almeno da un'immagine anche parziale dell'oggetto in esame.
Un discorso generico si può comunque imbastire, e di solito verte sulla necessità di farsi un'idea chiara delle possibili cause alla base dei sintomi riferiti.
Tu dici che il monitor si accende e si spegne ad intervalli regolari di qualche secondo, anche staccando l'inverter della retroilluminazione che, in effetti, spesso è una parte molto sollecitata che può dar noie con l'avanzare dell'età.
Il comportamento che citi è tipico degli alimentatori switching chiamati a fornire una corrente più alta del limite previsto: iniziano ad erogare energia; si accorgono che la corrente sale troppo; si spengono per proteggersi; quindi ricominciano da capo finché l'utente non stacca la spina o qualche pezzo cede di schianto interrompendo un fusibile.
Ciò detto, da qui in avanti il discorso diventa tecnico, e presupppone almeno la conoscenza basilare delle funzioni primarie che il circuito dovrebbe svolgere.
Se stessimo parlando di un coso piccolo alimentato a pile, potremmo prenderci la libertà di "smanettare" senza esporci al rischio di danni alla persona, ma dato che il monitor è collegato alla tensione di rete, già la sola idea di avvicinare le dita o la sonda di un oscilloscopio non isolato da terra diventa inattuabile.
A puro titolo di curiosità, comunque, io agirei così: in primo luogo collegherei il monitor alla mia fida CHROMA 6404 (che non è un'automobile ma una "rete artificiale" capace di erogare 230V - 50Hz sinusoidali, isolati da terra, con corrente limitabile) e guarderei con l'oscilloscopio le forme d'onda sui secondari del trasformatore dello stadio switching.
Se la scheda riporta in serigrafia le tensioni previste, ad esempio 24V, 5V, 3.3V, guarderei se qualcuna manca o è sensibilmente più bassa del dovuto.
Se c'è un filo indicato come PWR-OK o PG (Power Good), verificherei se il segnale appare e scompare insieme alle fasi di accensione e spegnimento visibili.
Il fatto che PG non si attivi mai lascia supporre che l'alimentatore si accorga del difetto prima che le tensioni raggiungano i valori giusti. In questo caso è probabile che il sovraccarico si trovi nelle parti di circuito chiamate a funzionare anche quando il microcontroller non sta eseguendo il programma. Se invece PG si attiva e poi si spegne, è probabile che il sovraccarico si trovi a valle di qualche uscita del microcontroller, ovviamente abilitata solo durante l'esecuzione del programma.
In mancanza dell'attrezzatura utile per un'indagine strumentale in sicurezza, è comunque possibile staccare la spina e operare col solo multimetro in posizione "ohm".
L'idea è valutare la resistenza fra i punti in cui dovrebbero comparire le tensioni, ovvero i 24, 5, 3.3 volt citati sopra, e il riferimento comune di massa, reperibile anch'esso dov'è scritto GND o, alla brutta, sulla testa d'una vite di fissaggio a contatto del rame.
A spanne, più è alta la tensione indicata, maggiore dovrebbe essere la resistenza in ohm leggibile col multimetro.
Giusto per fare un esempio: se fra i punti 3.3V e GND leggiamo 10 ohm, e tale indicazione non varia invertendo i puntali, possiamo ipotizzare che durante il funzionamento passi una corrente di 3.3V / 10 ohm = 0.33A (pari a 3.3V x 0.33A = poco più di un watt), e assumere che l'alimentatore non decida di spegnersi per così poco.
Gli stessi 10 ohm, visti sul ramo dei 24V, equivarrebbero a 2.4A, e in tal caso l'alimentatore avrebbe un buon motivo di arrendersi alla richiesta fuori norma di circa 60 watt.
Qualora la cifra in ohm risultasse molto vicina a zero, il sospetto di un condensatore in corto diverrebbe una quasi certezza su cui divertirsi ad indagare
Gli elementi al tantalio si riconoscono perché in genere hanno colori vivaci e riportano una striscetta in corrispondenza del positivo. I multistrato son piccoli e marroncini, ma se decidono di rompere le scatole lo fanno anch'essi con la stessa efficacia dei colleghi più appariscenti.
Purtroppo, in una scheda moderna assemblata a macchina e soggetta alle verifiche di compatibilità elettromagnetica, i piccoli multistrato vengono sparsi a pioggia un po' dappertutto, e di norma son tutti elettricamente in parallelo lungo le piste di alimentazione dei chip.
Se si dispone di un buon multimetro ad almeno 5 cifre, può essere possibile accorgersi che i centesimi di ohm cambiano a seconda dei punti che si toccano, e l'indicazione è tanto più bassa quanto più ci si avvicina (gioco di parole involontario) al punto "zero" incriminato.
In assenza di rami clamorosamente vicini a zero ohm, l'attenzione può essere spostata sui semiconduttori passivi che operano in serie al percorso della corrente, ovvero sui diodi, i quali possono comparire come cilindretti colorati (minimelf), cubetti neri (SMA, SMB, SMC) o cosini a tre zampe simili ai transistor (SOT-23).
Se i diodi più evidenti sembrano a posto, rimangono i grossi chip, e qui la faccenda si fa seria, poiché in caso di guasto è difficile procurare un ricambio, ed è forse ancor più arduo tentare una sostituzione indolore (per le piste) senza disporre di attrezzatura adatta.
Ho lasciato per ultimi i transistor e i mosfet, poiché quelli che maneggiano correnti alte si guastano col botto facendo intervenire il fusibile, e quelli che operano su correnti basse non hanno in genere una scusa plausibile per rompersi.
Per il resto, come in tante cose di questo mondo, ci vuole almeno un po' di fortuna