double ha scritto:Faggin è stato davvero un visionario (nel significato inglese del termine). Vale la pena di meditare su come abbia immaginato e poi messoin produzione componenti ai quali nessuno aveva pensato prima ...
Come direbbe il Manzoni: pensandoci su
Da "non ingegnere" aggiungerei una provocazione: l'operato di Federico Faggin (non Luigi come ho letto nel primo messaggio, probabilmente a causa di un lapsus) è legato al 100% alla sua laurea in fisica, o sarebbe stato comunque valido, magari al 90%, se avesse interrotto gli studi "ufficiali" dopo il liceo e si fosse documentato in proprio come potrebbero (e IHMO dovrebbero) fare i ragazzi d'oggi grazie alla rete?
Se, al contrario, diciamo che Faggin ha inventato, scoperto, innovato, in virtù della sua laurea in fisica, allora dovremmo chiederci perché gli stessi traguardi non siano stati raggiunti dai suoi compagni di corso e, soprattutto, dai suoi docenti. Con ciò non voglio dire che oggi l'università sia inutile, ma ho il sospetto che non sia più fondamentale come poteva essere trent'anni fa. Sembra che la struttura sia ancora in piedi solo per dare lavoro (e compenso) a migliaia di insegnanti formati mezzo secolo fa, non per "aprire le menti" dei giovani che frequentano adesso. Finché parliamo di materie classiche, non ha molta importanza se il docente ha i capelli ultra-bianchi, visto che La Divina Commedia o I promessi sposi su tablet iniziano ancora con le stesse frasi della prima stesura su pergamena. Nel caso di materie "altamente volatili" come l'elettronica, serve sì un background comune dal quale progredire, ma da qui a frequentare cinque anni arrivando allo stesso livello pratico del ragazzino che sperimenta in garage ce ne corre
Il "ragazzino Faggin" ha seguito l'unico percorso didattico possibile all'epoca, ma ciò non implica e impone che oggi, nell'anno di grazia 2016, serva ancora un decennio di scuola tradizionale per non esser presi automaticamente a pesci in faccia esprimendo la propria opinione su un forum
Se sbagli perché non sai, commetti un errore. Se sbagli perché non vuoi sapere, ne commetti due.